I rischi per la salute legati al consumo di pesce crudo non abbattuto e cosa comportano davvero

I rischi per la salute legati al consumo di pesce crudo non abbattuto e cosa comportano davvero

Franco Vallesi

Dicembre 31, 2025

Da qualche anno a questa parte, il consumo di pesce crudo in Italia ha rivoluzionato le abitudini alimentari. Non si tratta solo di sushi o piatti tipici, ma di un fenomeno che ha portato con sé nuove sfide, soprattutto riguardo la sicurezza alimentare. Un passaggio indispensabile, insomma, riguarda il modo in cui il pesce viene trattato – dal momento della pesca fino al piatto. Tra le procedure più importanti spicca l’abbattimento termico, un metodo utile per ridurre la presenza di parassiti e batteri pericolosi. Ecco perché conoscere questi aspetti non è più facoltativo per chi opta per il pesce crudo.

Nel panorama italiano, l’offerta di pesce non cotto si è ampliata parecchio, attirando un numero sempre maggiore di consumatori. Ma senza controlli adeguati, aumentano anche i rischi di infezioni alimentari. Spesso mancano informazioni chiare e dettagliate su come trattare e conservare il pesce, un dato spiacevole se si pensa che la sicurezza, nel settore e a tavola, dovrebbe stare davanti a tutto.

I rischi più frequenti associati al pesce crudo non abbattuto

Il pesce consumato crudo può nascondere parecchi pericoli: parassiti, batteri, virus… e le conseguenze non si limitano sempre a semplici disturbi gastrointestinali. Tra le minacce più famose c’è Anisakis, un nematode le cui larve riescono a spostarsi dagli organi interni fino ai muscoli del pesce. Questo dettaglio – che a molti sfugge – rende pericoloso mangiare anche le parti apparentemente più sicure. Insomma, un rischio concreto per la salute di chi non fa attenzione.

I rischi per la salute legati al consumo di pesce crudo non abbattuto e cosa comportano davvero
I rischi per la salute legati al consumo di pesce crudo non abbattuto e cosa comportano davvero – accademiaitalianadelcanto.it

Con l’anisakiasi si entra in campo medico: si tratta della malattia causata proprio da quei nematodi, con sintomi che variano dal dolore forte all’addome, nausea e vomito, fino a complicazioni più gravi come la perforazione intestinale in certi casi. Specie come tonno, salmone, merluzzo, sgombro, aringa e pesce spada sono particolarmente esposte, un noioso fatto non sempre noto ai consumatori. Chi compra o mangia pesce fuori casa dovrebbe tenerlo bene a mente.

Ma non finisce qui: batteri e virus sono altri nemici invisibili nel pesce crudo. Salmonella, Vibrio, Escherichia coli e virus come quello dell’epatite A fanno parte di un elenco di agenti patogeni che possono causare guai seri, specie se la catena del freddo o le regole di igiene saltano. Per non dire delle tossinfezioni alimentari, provocate da tossine batteriche o da alghe marine – un’altro capitolo da non sottovalutare.

Negli ultimi tempi, diversi casi di intossicazioni legate al consumo di pesce crudo si sono fatti notare un po’ ovunque in Italia. Questi eventi raccontano una verità chiara: le misure di sicurezza devono restare altissime, soprattutto perché il consumo di pesce crudo si sta espandendo velocemente.

Perché l’abbattimento è essenziale, ma non sufficiente

La normativa europea, piuttosto stringente, impone precisi obblighi sulla gestione del pesce destinato al consumo crudo. Tra questi spicca l’obbligo dell’abbattimento termico, un processo che deve portare il pesce a temperature di almeno -20°C per 24 ore o -35°C per 15 ore, tempi indispensabili per eliminare le larve di Anisakis. Solo rispettando questi parametri si può parlare di una vera prima protezione contro i parassiti.

C’è un dettaglio che pochi conoscono: il conteggio del tempo di abbattimento parte solo dal momento in cui la temperatura interna raggiunge il livello richiesto. Questo significa che la procedura dura di più di quanto comunemente si pensi – un dato utile, se si occupa della gestione e commercializzazione del prodotto. Ma attenzione: l’abbattimento non elimina batteri né virus, che richiedono controlli costanti in ogni fase, dalla pesca alla tavola.

Un errore diffuso è credere che tecniche come marinare, salare o affumicare possano sostituire l’abbattimento. Non è così. Questi trattamenti non uccidono le larve né riducono in modo significativo la carica batterica. Insomma, il pesce che passa da queste lavorazioni va comunque abbattuto, per evitare rischi evitabili. Un aspetto che crea spesso confusione e – purtroppo – mette a repentaglio la salute dei consumatori.

Controllare con gli occhi il pesce è un metodo molto usato, anche dai consumatori, ma non sempre affidabile. Le larve di Anisakis non si vedono sempre a occhio nudo e un pesce che sembra sano può nascondere insidie. La legislazione vieta di vendere pesce infestato visibilmente, senza eccezioni dovute a cottura o abbattimento successivi. Un’eccezione riguarda solo il pesce proveniente da allevamenti controllati, ben seguiti e nutriti con mangimi senza parassiti, una garanzia monitorata dalle autorità e presente solo in settori selezionati del mercato.

Osservando il mercato del Nord Italia, si nota che il consumo di pesce crudo – ecco una curiosità – aumenta soprattutto d’inverno. La sicurezza resta un punto da non prendere alla leggera, vista l’importanza sia della tradizione gastronomica italiana, sia del valore nutrizionale del pesce. Ma perché questo valore venga preservato, occorre sempre prestare attenzione alla salute pubblica.

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